Tour del Monte Bianco – Episodio 1 Dall’Italia alla Svizzera

GIORNO 1

Mi trovo dentro un edicola di Courmayeur, agguanto una bella cartina dettagliata e colorata, scopro ben presto che per coprire la camminata che ho in mente ne servono ben tre….è così che comincio a mettere a fuoco l’entità della mia idea.
Rimetto a posto le cartine, ne prendo una con una scala minore; questa copre tutto il mio percorso in un unica tavola, ma non posso fare a meno di buttare l’occhio sui colori impiegati per marcare le altimetrie sembra che le montagne escano dal foglio provocandomi una piatta vertigine.

Basta è ora di partire.

Cammino per il paese con la mia casa sulle mie spalle, 14 kg totali ben distribuiti sulla schiena…..7 kg di vestiti e necessità primarie e 7 kg tra cavalletti, macchine fotografiche e ammennicoli vari, rifletto veloce su quanto pesi fermare il tempo per sempre non rimpiangendo neanche un grammo di quello che mi porto con me. La mia attenzione esce dai miei pensieri per focalizzarsi su quello che ho intorno, vedo una posto chic pieno di gente infagottata in vestiti fashion-montani trainati da piccoli cani agitati, una grande sfilata di persone e cani.

Si, e’ora di partire…già non vedo l’ora di essere lontano, di scordare i suoni dell’inutile.

” scala le montagne ed ascolta la loro buona novella, la pace della natura scorrerà in te come la luce del sole scorre sugli alberi,
i venti soffieranno in te la loro freschezza e le tempeste la loro energia, mentre le preoccupazioni cadranno come foglie d’autunno”
J. Muir

Sono le cinque di pomeriggio mentre prendo il ripido sentiero in direzione del rifugio Bertone, sorrido pensando alle parole di Muir.
Dopo un periodo di tempo indefinito la fatica e il sudore mi indicano il dislivello compiuto, attorno a me è tutto cambiato adesso… ampie vedute, tracce di neve, prati, fiori e nuvole che corrono; attorno solo il suono del silenzio….guardo in basso e vedo il mondo che si allontana:
Il viaggio è iniziato.

Il Monte Bianco davanti a me è coperto da una fitta coltre di nubi che lo nascondono per intero, appena salico vedo non distante il rifugio dalla mentre dalle cime della grande montagna si sente il suono del vento forte in quota, è un suono cupo e costante….fa paura.

Il Monte Bianco in direzione della Val Veny nascosto da minacciose nubi.

Il Monte Bianco in direzione della Val Veny nascosto da minacciose nubi.

Risalgo quello che resta del crinale e alle sette di sera sono davanti al Rifugio Alpino Bertone, ho camminato poco oggi, ma da domani si fa sul serio. Entro e mi trovo un posto nell’angolo del camerone, dalla stanza accanto arriva l’invitante profumo della cena e in men che non si dica mi trovo a sedere su una lunga tavola di legno a mangiare con una decina di perfetti sconosciuti….che poi alla fine mi sembrano molto meno sconosciuti del “normale”, faccio nuove conoscenze.

Scrivo qualcosa sforzandomi di tenere gli occhi aperti; mi giro, chiudo il sacco a pelo sguinzagliando i miei sogni tra le vorticose nubi di montagna.

GIORNO 2

Sento dei rumori ed apro gli occhi; attorno a me il comodo microcosmo del sacco a pelo. Tiro giù la zip e  l’aria fredda arriva sulla mia faccia….sbircio da un angolo della finestra per notare un cielo azzurrissimo di Agosto.
Le vecchie assi di legno producono suoni simili a quelli dei dinosauri mentre ci cammino in punta di piedi per uscire da camerone; fuori fa molto freddo ma è una giornata incredibilmente bella il Monte Bianco sovrasta il rifugio mostrando tutta la sua imponente bellezza. Ho fretta di partire, ho fretta camminare e di godermi la meraviglia che ho attorno, vado spedito con le pratiche mattinali, colazione, preparazione dello zaino e via ….rigorosamente in salita.

Percorro il primo crinale erboso con energia, presto mi sento stanco ed ubriaco di ossigeno, ma appena arrivo in cima al Col Sapin la visione si allarga rivelando il massiccio montuoso e la la Val Ferret che “scappa” verso la Svizzera. mi siedo e penso.

 

In realtà non penso…..cerco di acquisire, cerco di fare entrare tutto quello che vedo negli occhi, che invece sembra a non riescano a recepire tutti questi colori, sfumature, linee e forme……giro la testa, giro gli occhi per memorizzare tutto per non scordare un singolo sasso, respiro forte come per far entrare un po di questo paradiso anche dal naso su fino al cervello, ma non riesco e capisco che posso solo continuare a camminare in silenzio per mischiarmi al paesaggio sentirlo tutto attorno e farne attivamente parte, solo così lo sento mio.
Seguo il sentiero tra l’erba ancora ghiacciata, percorrendo il lato destro della Val Ferret fino al rifugio Bonatti.

Stare in montagna non è solo solitudine, ma anche condivisione. Incontro e mi metto a camminare con il neo amico Nir, un ragazzo israeliano appassionato di monti e di avventura. Camminiamo veloci ed in silenzio scambiandoci a volte chicchere sui nostri mondi così lontane  diversi.
La Val Ferret è lunga, a sinistra sul versante opposto scorrono posti che ho letto solo nei libri di alpinismo. Il complesso dei Grandes Jorasses è una parete di granito e ghiaccio di 1000 metri dove echeggiano nome grandiosi, primo su tutti Walter Bonatti, oltre alla bellezza sento anche la magia di questo posto.

Il complesso del Jorasses "inquadrato"

Dopo 5 ore di cammino siamo in fondo alla valle, sono le 16 di pomeriggio ed il sole batte forte, il rifugio Elena è la fine della tappa classica ma con 3 ore di luce ancora decido di continuare e svalicare in Svizzera  lasciando il sentiero per tagliare sulla ripida variante del Petit Col de Ferret, passando alla base del ghiacciaio de Pre de Bar.

Piccoli passi, uno dietro l’altro. Mi ci vuole la testa per forzarmi a fare tanti piccolissimi passi. Non sembra neanche di camminare così , ma il pendio è ripido e scivoloso e una falcata lunga brucerebbe molte energie e indurirebbe immediatamente le gambe; se guardo indietro vedo già la valle che si allontana, i piccoli passi funzionano e non posso fare a meno di fare qualche analogia di vita con questa metafora.
Il sentiero spiana velocemente  e sono in cima, sono in Svizzera. Dopo le foto ricordo ci concediamo un caffè d’alta quota per poi procedere veloci nella valle già messa in ombra dal prossimo tramonto.

Il rifugio Lacherè è più lontano del previsto, abbiamo camminato per oltre 30km oggi ed arriviamo con il buio, ci infiliamo nel rifugio stremati…….il tempo di mangiare e pianificare la semplice tappa dell’indomani per lasciarsi abbracciare dal microcosmo del sacco a pelo, non ho neanche il tempo di scrivere due righe.

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